Prodotti tipici Piemontesi

Ed è proprio grazie a questo territorio e microclima che in zona troviamo cibi eccel- lenti. In particolare mi riferisco ai sei prodotti, che ho chiamato i “SIX BIGS”, che il mondo ci invidia perché eccezionali e di privilegiata qualità.

IL TARTUFO BIANCO

Strepitoso quello delle “rive” davanti al quale, se nato all’ombra di una quercia, pos- siamo inchinarci per l’intensissimo suo profumo e gusto. Il miglior modo di gustarlo? Sbriciolarne un pezzetto, masticarlo con delicatezza, tenerlo a lungo in bocca per poterne assaporare al massimo la delizia e il profumo. Il tutto, naturalmente, con un buon piatto di ‘Tajarin’ all’uovo ed un bel tuorlo d’uovo, appena scottato, al centro del nido dei Tajarin. Il massimo risultato si avrà tagliando finemente il tartufo bianco.

 

LA NOCCIOLA TONDA GENTILE DELLE LANGHE

Già il nome rende l’idea di ciò che ci troviamo di fronte: un prodotto che si abbina ai dolci, usato anche nella cucina salata piemontese. Abbinato alla cioccolata ha reso il Piemonte un luogo eccelso per la produzione di cioccolatini e pasticceria. Quando si tostano le nostre nocciole il profumo si espande più intenso delle nocciole provenienti da ogni altra parte del mondo. Ricordo, un giorno a New York, alla pasticceria Pozzo dei fratelli Bianchi di Mombercelli (Asti), la meraviglia dei presenti per il buon profumo derivato dalla lieve tostatura alle nocciole piemontesi.

 

I VINI

Tra i primi sette dei 200 vini passati a D.O.C. in Italia, tre sono di questo territorio: Barolo, Barbaresco, Asti spumante e Moscato d’Asti. Qui, i vini erano già conosciuti in epoca Romana.

Il Barolo è definito il “Re dei vini ed il vino dei Re”.

Barbaresco, per me, è la Regina dei vini, in quanto ha più finezza, più armonia e delicatezza.

Sono vini di gran struttura e, perciò, bevibili anche molti anni dopo la vendemmia. Accompagnano bene i secondi piatti e, soprattutto, i piatti di selvaggina: lepri, fagiani, pernici, pernici rosse, beccacce che popolavano le nostre colline e ci permettevano di presentare ai clienti e grandi gusta- tori cibi eccelsi che meritavano un viaggio in Langa e Monferrato. Ora, il territorio è popolato da molti cinghiali e caprioli, belli e protetti, ma dannosi alle colture e pericolosi per gli automobilisti.

Il Moscato d’Asti e l’Asti spumante, il nettare per i dolci, piacevolissimo per pro- fumi e gusto. Un bel modo per fare un brindisi, con botto, alla fine del pasto. La sua finezza, le pochissime e non intense bolli- cine danno cremosità ai raffinati dolci che troviamo nelle numerose pasticcerie artigianali e ristoranti del territorio.

In Piemonte, oltre a queste tre stelle dell’enologia troviamo altri 40 vini, alcuni autoctoni e comunque di lunga conoscenza nel mondo vitivinicolo. A differenza dei più importanti vini francesi che vengono piantati in tutto il mondo, i vini italiani non si trovano piantati al di fuori del territorio di coltivazione, se non come prove e non come produzione effettiva. Questo perché il vino non ha le stesse qualità organolettiche. Ogni vitigno ha un luogo di origine e una produzione idonea che dà la tipicità al vino. Ogni prodotto, in genere, ha la sua zona. In Italia abbiamo terreni, zone climatiche e vegetative molto differenti tra loro, che non troviamo nel resto del mondo. È per questo che i nostri concentratissimi sapori e intensi aromi non sono così esaltanti se prodotti al- trove.

 

VERDURE E FRUTTA

In gran parte sono coltivate in ricchi orti, ac- canto ai fiumi, da piccole medio grandi aziende agricole, a conduzione famigliare, a volte anche da 5 o 6 generazioni. Famosi il pe- perone quadrato di Motta di Costigliole ed il cardo gobbo di Nizza Monferrato, senza contare la frutta che troviamo in gran abbondanza, mai coltivata in quantità e in larghi appezza- menti, se non la mela ‘Divina’ di San Marzano. Solitamente gli alberi da frutta erano messe a dimora per il consumo familiare, lungo le strade, ai bordi dei campi e quindi non in terreno coltivabile. Fragrante il gusto dei frutti na- turali, piacevole l’ombra per i lavori di campagna, buona estetica per il paesaggio. Erano il riparo nei brevissimi tempi di pausa nei lavori manuali di un tempo. Oggi, usando solo più trattori, la pianta è diventata un ingombro. Dopo un decennio dalla loro messa a dimora, i frutti erano in gran esubero per la famiglia e si vendevano al mercato. Frutta di qualità gustosissima e naturale: mele, pere, pesche, prugne, ciliege, albicocche. Si utilizzavano piante forti di gran resistenza su cui si inserivano vecchie varietà. Ho piantato un frutteto di pesche utilizzando le mandorle su cui ho inserito una vecchia varietà di “Ala”, molto compatte, nocciolo rosso, profumato di mandorla, con polpa giallo intenso. Queste pesche, un tempo, a piccolissimi spicchi, venivano introdotte nelle bottiglie da spumante e tappate con il riutilizzo del tappo, fatto passare sul vapore per volume. La bottiglia veniva poi fatta bollire a bagnomaria per la pastorizzazione. Un lavoro di pazienza e poi tanta fatica a far uscire quei pezzettini di pesca sciroppata da gustare nelle feste più importanti. Molto pregiato il legname di queste piante perché di longevità e di crescita naturale senza irrigazione, con un legno compatto sodo, duro, dato dal terreno fertile e quindi di ottima resa e bell’aspetto delle venature, sottili negli anelli degli anni.

 

LE CARNI

Non solo carne di vitello Fassone piemontese, ma capretto, conigli e capponi ed il bue grasso in cima alla piramide di piacevolezza. Questi animali allevati in modo spartano e in quasi libertà, con i loro ritmi vita e di crescita biologici naturali portano alla differenza della carne, della compattezza e gustosità. La crescita naturale, con prodotti del territorio, dopo la cottura, danno la differenza di gusto e profumo. Sistemi tradizionali di allevamento e prodotti autentici ed esclusivi. È un piacere viaggiare in queste aziende, dove trovi sempre qualche novità e sfumature diverse di prodotti. Nello stesso tempo invogli a continuare la produzione delle tipicità, che, è vero, non è tanto remunerativa per la famiglia, ma esalta la passione e la tradizione.

 

I FORMAGGI

La Robiola di Roccaverano, il più semplice e buon formaggio al mondo. Partiamo dal latte di capra, il più buono, perché il meno ricco di grassi, di colesterolo, il più digeribile, il meno allergico, il più nutriente. Infatti, nel passato, in assenza di latte materno o quando il bimbo era allergico, la mamma lo allevava con latte di capra. Il più semplice e naturale dei formaggi: il latte munto alla sera e il latte del mattino, viene posto in un recipiente con la sola aggiunta di caglio naturale di vitello per la coagulazione del latte; passate le 24 ore viene messo in fascelle (contenitori per 300 gr. di formaggio appena coagulato), lasciato gocciolare del siero per 24 ore, capovolto con l’aggiunta del sale e, 24 ore dopo, rivoltato, con l’aggiunta di sale sull’altra facciata. Il formaggio è commestibile e di gran piacevolezza per la sua freschezza. Andando in un caseificio (sono tutti artigianali e per lo più famigliari) e chiedendo di degustarlo dopo il secondo giorno, con una sola parte salata, si potrà capire la grande prelibatezza della robiola di Roccaverano.

Un formaggio, prodotto già nel 1200, quasi introvabile al di fuori del nostro territorio, sia per la ridotta produzione in piccole aziende artigianali contadine che per la difficoltà di trasporto (essendo un formaggio destinato al consumo nei primi 4 – 15 giorni, rimane fresco ed inumidisce la confezione). Per gli amanti dei formaggi di carattere, la qualità e la piacevolezza sono notevoli. Infatti, con l’invecchiamento oltre l’anno, assume toni anche molto forti, mantenendo, comunque, una buona morbidezza proprio per la caratteristica del latte caprino lavo- rato in modo così semplice.