Giorgio Cirio

Al mondo della ristorazione è stato papà ad avviarmi fissandomi un ‘appuntamento’, per una prova attitudinale in un ristorante canellese con buona cucina tradizionale, famigliare. Ed è lì che la signora Maria, mi ha subito insegnato il mestiere dicendomi che per impararlo dovevo far “ciucalé” gli occhi, ovvero muovere gli occhi velocemente e con curiosità.

Con la voglia di conoscere persone nuove e buoni cibi, ho cominciato a frequentare, le sere in motorino, un corso professionale da cameriere di sala, ad Agliano Terme, 10 km da Canelli, al ristorante “Da Mario Dellavalle”. Esperti cuochi, maitre d’hotel, sommelier, gli insegnanti; figli e dipendenti di noti ristoratori, pochi ragazzi e qualche ragazza (ci stavano bene nell’allegra compagnia!), gli studenti. Insegnamenti pratici la chiarezza di chi giornalmente vive esperienze e te le traduce con semplicità e manualità.

Poca teoria. Piacevolissima la pratica, in quanto la cena era preparata per noi da un cuoco d’eccezione, Mario Dellavalle, il nonno, che ha creato e dato visibilità al ristorante molto frequentato, allora, da liguri e lombardi. Ho imparato velocemente e bene. Tanto che la titolare del ristorante mi ha chiesto la di- sponibilità.

Per me un onore e piacere, più che raddoppiata la paga, molti servizi, molta gente con cui parlare e carpirne le esigenze. L’esperienza cresce. Il locale cu- cina al piano terreno, la sala al primo piano con due rampe di scale. Grandi pranzi con la ricca cucina piemontese preparata con la scelta di prodotti delle botteghe del paese, verdure degli ortolani, carni delle macellerie locali, dolci dei pasticceri locali, abbinati vini di piccole cantine e di aziende vitivinicole, già importanti in mezzo mondo.

Tre anni, poi il salto in un albergo 4 stelle, un ristorante capiente con cucina tipica ed internazionale. Vini di gran fama, italiani e francesi, grandi feste e cerimonie, serate di prestigio, cuochi da ogni dove, cene private di gran lusso. Un mondo nuovo, affascinante, dove la stanchezza non si faceva mai sentire. Ormai ero un buon cameriere e ben conosciuto. Non mancavano pranzi in ville da favola, con menù e cibi adeguati. Ma non era più la stessa merce. Sempre scelta, ma servita da grossisti, con uno o più passaggi, non più con quella freschezza di giornata. Per me, comunque, una bella ed importante esperienza. (Un’opportunità per) Uscire dalla piccola regionalità, capire i modi e i gusti di una clientela internazionale.

Ma le cose cambiano. Il cameriere più anziano, ex maitre del ristorante, passa contitolare. Ai camerieri, non venivano più serviti i cibi che venivano forniti ai clienti e solo alcuni tipi di vino. La disaffezione è immediata!
La richiesta di un ex collega mi porta ad un altro ristorante, con meno tavoli, ma molto più prestigioso come qualità. I vip si trasferiscono. Ho fatto centro un’altra volta.

E il locale vinse la selezione del Cuoco d’Oro di Armando Bergamasco. Ricorderò sempre quel servizio: 18 ristoranti, 18 cambio piatto, 18 cambio posate, 18 cambio bicchiere. Un servizio estenuante, ma con una ricchezza di cucine e preparazioni che avevano del fantascientifico.
Altri tre anni da vero professionista, responsabile e fiduciario della sala, accordo perfetto con il direttore generale ed il primo chef, con il secondo cercavo di non avere discussioni. Grandi presentazioni e cibi, pesci freschissimi, sempre accompagnati da vini eccellenti, che arrivavano da Senigallia, da amici pescatori. Una vera delizia e cultura del pesce sia per i clienti che per noi camerieri.

Ottimi ed importanti clienti, bellissime presentazioni, ciò che dalle nostre parti mancava. Servivamo squadre di calcio che venivano a Torino per giocare contro Toro o Juve, squadre estere per le serate di coppa e, per due anni il ritiro, a luglio, del Toro.